SMETTETELA! Gli ecommerce di moda non compromettono il business dei negozi e delle boutique di abbigliamento!

La crescita del progetto ecommerce.moda si basa sul confronto, sulle esperienze condivise e su punti di vista diversi per cercare di ottimizzare al meglio ogni aspetto della vendita online nel mondo fashion.

Questa volta ho fatto una chiacchierata a ruota libera con Filippo Agnelli, brand management di Imola (Bologna).

A proposito di e-commerce e di qualsiasi forma di diffusione, vendita e svendita via web mi troverai sempre molto propenso a promuoverla, caldeggiarla e affiancarla ai normali canali di vendita: la modernità e l’apertura al mondo, in generale, senza limiti, sono le forme di comunicazione e di scambio più potenti, veloci e efficaci di cui il mercato dispone, non ho mai temuto che le vendite online potessero compromettere il business dei negozi e delle boutique di abbigliamento di qualsiasi tipo, chi acquista in negozio continuerà a farlo perché l’approccio all’acquisto d’incanto è proprio diverso dall’acquisto online.

Poter acquistare un costume da bagno prodotto dall’altro capo della terra, ricevere un fashion gingillo “must have” introvabile in loco e disponibile solo in un altro continente ci rende liberi di scegliere, di surfare e vedere tutta l’offerta possibile e raggiungibile, scivolando per siti web aggiornando il nostro database estetico ad una velocità fantastica senza perder tempo e raccogliendo le opzioni di acquisto disponibili creando, insieme a tutti gli altri utenti interessati, un circuito informativo per i più pigri e molto formativo per noi operatori, che può solo farci guadagnare in termini di ricerca e di marketing, regalandoci una quantità di informazioni talmente importante da portarci sulla giusta via con sufficiente precisione per affrontare il mercato che corre sempre più veloce.

Ma permettimi una autocritica: in realtà fino ad ora non ho parlato di nulla se non constatare una realtà che agli utenti finali spesso non è visibile.

In pratica volevo approdare ad una “formula” per sintetizzare il mio sproloquio: dalle offerte web globali i fashion victims, i bloggers, i web journalists, i fashion addicted e i cool hunters selezionano le offerte che i fans, i lettori, i “connessi” a questi primi e il popolo di “sensibili alle mode” ne vengono a conoscenza di rimbalzo e a loro volta diffondono ancora in maniera meno specialistica e sempre più nazional-popolare fino a raggiungere tutti gli strati possibili di potenziali consumatori, cosi un illustre sconosciuto talentuoso designer di moda coreano viene conosciuto in Italia nonostante non esista una sua campagna pubblicitaria, oppure, uno stilista proveniente da paesi apparentemente distanti dalla moda viene scelto per vestire una superstar per il tour mondiale o per il Grammy Awards…

Miracolo della comunicazione proveniente da un remoto sito web nato per vendere abbigliamento e accessori moda senza pretese… e invece dietro a una capsule collection anonima si nascondeva un genio!

Dalla mia, dopo 35 anni di moda, dopo aver lavorato come stilista, product manager e poi come produttore, ora creative coach a private label supplier, dopo aver sentito parlare di crisi mondiale e di crollo della creatività (megalitica fandonia), dopo aver visto la moria delle piccole e medie aziende, poi delle più grandi che hanno creato, lanciato e onorato il meraviglioso Made in italy negli ultimi 50 anni, trovo che questa incombente e scomodamente efficiente rivoluzione nella vendita del fashion sia un potente monito per tutti noi che la elaboriamo, che ci permettiamo anche di filtrarla e poi la produciamo.

E’ vero che le crisi servono per reinventarsi, per fare squadra e rielaborare i termini dell’approccio all’obiettivo finale, per rimettere a fuoco delle mire obsolete ma soprattutto servono per fare capire ai “grandi baroni della moda” che la staticità e i vecchi punti di riferimento che facevano da faro nelle notti del passato non servono più e se non evolveremo con intelligenza, accettando il nostro status di megalodonti ormai datati che osservano il mondo che passa veloce dimenticando l’etimologia della parola “moda” da modus, ritmo, alternanza e dunque evoluzione e rivoluzione, se non aggiorneremo il nostro obsoleto modo di utilizzare le risorse ai tempi che verranno, ahimè, i posteri ci troveranno niente di più che simulacri datati coperti di polvere.



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