Un po’ di tempo fa avevo fatto uno screening sulla situazione dell’export nel settore moda, poi ne ho parlato con Massimo Ortolani, Consulente per l’Internazionalizzazione di Roma, che mi ha dato il suo punto di vista molto interessante sui mercati emergenti.
Esportare richiede sempre una attenta valutazione delle opportunità e anche dei rischi che si devono affrontare. Quindi, per l’iniziale indagine dei mercati esteri potenzialmente aggredibili è sempre necessario servirsi di affidabili indagini e statistiche concernenti: abitudini di acquisto, volumi e capacità di spesa degli acquirenti target.
Da questo punto di vista, l’ultimo Global Retail Development Index di At Kearney, ancorché focalizzata sui mercati retail in generale, costituisce un utile punto di riferimento in quanto giunge ad esaminare e classificare i 30 più promettenti paesi emergenti. L’indagine offre anche un importante confronto comparativo tra paesi, in quanto gli indicatori utilizzati hanno consentito di tener conto tanto dell’importanza di fattori microeconomici, quali la saturazione del mercato ed il volume complessivo del fatturato retail, quanto del rischio paese.
I paesi “opportunità”.
Non sorprende che, al primo posto tra i primi 30 paesi più promettenti, si collochi la Cina, in cui si registra un trend di crescita dei consumi che sopravanza quello del PIL e che presenta anche un valore del PIL pro-capite – misurato a parità di potere d’acquisto – in forte ascesa negli ultimi anni.
L’India segue al secondo posto, agevolata dalla rilevante crescita attuale e prospettica del PIL – che ha favorito l’emergere della classe media – e dalle politiche di apertura del governo verso gli investimenti esteri.
Per esigenze di sintesi di seguito si raggruppano gli altri 28 paesi suddividendoli per aree:
Medio Oriente:
- Turchia 6^
- Emirati Arabi Uniti 7^
- Arabia Saudita 8^
- Giordania 13^
Asia:
- Malaysia 3^
- Kazakistan 4^
- Indonesia 5^
- Vietnam 11^
- Sri Lanka 12^
- Filippine 16^
Sud America:
- Perù 9^
- Colombia 15^
- Rep. Dominicana 17^
- Brasile 20^
- Paraguay 25^
Europa centro-orientale:
- Azerbaijan 10^
- Russia 22^
- Romania 24^
Africa:
- Marocco 14^
- Algeria 18^
- Nigeria 19^
- Costa d’Avorio 21^
- Zambia 23^
- Tunisia 26^
- Sudafrica 27^
- Ghana 28^
- Kenya 29^
- Egitto 30^
Alcune annotazioni di rilevo:
- L’Azerbaijan risulta essere una meta turistica sempre più appetita per il settore luxury
- Il Vietnam presenta il più basso tasso di saturazione di mercato tra i paesi del sud-est asiatico; (Da non sottovalutare, per questo come per i paesi asiatici in generale, le potenzialità dell’e-commerce).
- Il Perù mostra un trend di crescita del PIL tra i più elevati del Sud-America
- La Russia non sta attraversando un momento felice sul piano economico ma, in questo come in altri casi, è necessario sapere fare la differenza tra il resto del paese ed il mercato della capitale, in quanto a Mosca si concentrano le vendite alla gran parte degli acquirenti ricchi locali ed ai turisti cinesi.
La vera novità che emerge da tale indagine è il rilevante numero dei paesi africani: 10 tra i 30 selezionati. Da tempo anche altre fonti di indagini di mercato indicano il continente africano come uno dei più promettenti, e non solo per il mercato retail. Da segnalare in tal senso la Nigeria, una nazione molto popolosa e con una classe media in crescita più rapida che in altre nazioni africane. Ma da non trascurare gli altri paesi per la presenza della componente acquisti legata al turismo: Marocco, Kenya, Tunisia, Algeria, e Ghana.
I rischi da mitigare.
Come noto, i rischi commerciali, corporate e politici connessi con l’apertura di un negozio mono-marca in uno di tali mercati, o relativi alla vendita tramite distributore, sono da tempo mitigabili sia sul piano finanziario che assicurativo. Basti pensare, tra l’altro, al factoring internazionale, alla copertura assicurativa dei rischi connessi con l’investimento diretto, e alla possibilità di accedere ai finanziamenti agevolati in Italia appositamente destinati a sostenere le spese di apertura di uno show-room, o di un magazzino, negozio o corner in un Paese extra UE.
Ma lo strumento più efficace per il frazionamento del rischio potrebbe risultare quello di gestire “in rete” il negozio all’estero. In base ad un “contratto di rete” i partecipanti alla rete stessa si suddividono costi e ricavi del punto di vendita, e al tempo stesso possono avvantaggiarsi di una offerta variegata di prodotti non in concorrenza tra loro: si pensi alla maggiore facilità di potere in tal modo gestire organizzativa-mente la vendita dei prodotti up-sell e cross-sell.
Naturalmente rimangono da considerare anche gli ulteriori rischi connessi con la tutela da contraffazione, nonché le difficoltà relative alla scelta della ubicazione ottimale del negozio retail.